Quando proviamo rabbia, odio, invidia verso qualcuno o all'interno di qualche situazione, assumiamo inconsciamente una dose di veleno. Abbiamo difficoltà a non farci travolgere dalle emozioni e poco per volta manifestiamo i sintomi dell'avvelenamento: debolezza, stato confusionale, problemi respiratori e rigidità.
Il respiro, corto e contratto, non ossigena il cervello limitando la nostra lucidità mentale e rendendoci sempre più passivi di fronte alle emozioni. Diventiamo rigidi e intransigenti e inconsapevolmente continuiamo ad assumere dosi di veleno crescente.
Gli sciamani sperimentano il veleno naturale di funghi, serpenti e ragni per abituarsi a sopravvivere ad esso. Questa pratica cela una dimensione molto più sottile. Quello che non ti uccide ti fortifica, ti permette di conoscerlo e di imparare a gestirlo. Lo sciamano lavora su piani energetici differenti e il piano della manifestazione rappresenta una scuola pratica di facile accesso e di minore complessità. Gestire le reazioni corporee con una consapevolezza multidimensionale è un esercizio eccellente per prepararsi a viaggi più impegnativi. Lo sciamano è a disposizione della tribù e non pone limiti alle richieste di coloro che si rivolgono a lui. Per questo motivo deve essere in grado di gestire ogni tipo di energia senza soccombervi. Il suo percorso è fatto di prove iniziatiche, sacrifici ed esperienze di morte.
Noi non siamo avvezzi a questo tipo di percorso. Non ci rendiamo nemmeno conto di avvelenare le nostre vite. Camminiamo rapidi verso l'autodistruzione personale e collettiva irretiti dagli schemi delle nostre convinzioni spesso incoerenti e fini a se stesse. Ci arrabbiamo, odiamo e invidiamo senza tregua affogando nel veleno delle nostre emozioni; ci identifichiamo con esse e ne facciamo il baluardo della nostra identità.
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