C'era una volta... iniziano così le favole.
C'era una volta e ora non è più.
E' passato.
Eppure passiamo moltissimo del nostro tempo a rimuginare e altrettanto lo viviamo trattenendo le zavorre e le dinamiche del passato. Ogni giorno ci svegliamo con la nostra valigia piena zeppa di c'era una volta e sbilanciati dal suo peso pensiamo, agiamo e ci relazioniamo.
Siamo il prodotto immaturo di un passato che genera i presupposti di un presente vissuto inconsapevolmente.
Quante volte ci capita di reagire agli eventi?
Ci attiviamo come molle per una frase che non ci piace, per una situazione che ci mette in difficoltà, per qualcosa che ci infastidisce. Ci fermiamo raramente e come treni in corsa sorpassiamo le stazioni della nostra vita senza nemmeno rendercene conto. Ci muoviamo in modo automatico e riflettiamo allo stesso modo utilizzando gli schemi a cui la nostra percezione ci ha abituato. Rimbalziamo così da uno stato d'animo all'altro senza alcun equilibrio. Ricerchiamo la sicurezza nella stabilità dell'abitudine e viviamo con angoscia tutto ciò che trascende il nostro controllo: ci inalberiamo come bufali inferociti e combattiamo le nostre partite a scacchi senza esclusione di colpi.
C'era una volta, ora e per sempre.
Fino a che non impareremo a disgregare questo schema attraverso la consapevolezza vedremo il passato ripetersi indefinitamente nella storia delle nostre vite e delle generazioni.
E come pedoni di scacchiere virtuali combatteremo contro cavalli, torri, alfieri, re e regine cercando di sottrarci agli attacchi e attaccando a nostra volta senza realizzare che siamo diretti da una regia esterna a cui tutto compete: l'inconsapevolezza.
Solo un regista sa bene che il c'era una volta è funzionale allo sviluppo del film e non può protrarsi all'infinito senza annoiare lo spettatore.
La cosa buffa è che noi non ci annoiamo neanche perché siamo così coinvolti dal nostro c'era una volta da non accorgercene nemmeno.
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