Il lungo periodo di chiusura al quale, con fatica, ci siamo abituati, ha cambiato profondamente il nostro modo di relazionarci agli altri. Si è creata una distanza non solo fisica, ma anche emotiva. La mancata possibilità di una condivisione partecipata ci ha allontanati e resi più estranei.
Quando ci troviamo in mezzo alla gente è naturale sentirsi disorientati o infastiditi. Il nostro spazio personale si è talmente dilatato nel periodo Covid che il ridurlo stimola in noi quella percezione di pericolo che ci è stata propinata per mesi in relazione al contatto con l'altro vissuto come potenziale fonte di contagio.
Ci siamo quindi trasformati in palloncini gonfi e a tenuta stagna. Mi piace l'idea del palloncino che custodisce con attenzione l'aria vitale al suo interno con un nodo di chiusura ben stretto affinché nulla esca. E... nulla entri.
Non riesco a non pensare all'effimera vita del palloncino e alla sua vulnerabilità. Prima o poi si sgonfia comunque. Non è bello di per sé, ma lo diventa per mano ad un bambina, in un gioco tra ragazzi, quando rallegra una festa di compleanno, di laurea, di pensionamento.
Forse quando ci sentiamo smarriti o nervosi in mezzo alla gente dovremmo pensare al nostro palloncino, allentarne il nodo di chiusura, senza preoccuparci del fatto che il nostro spazio si riduca, e ricordare che la nostra bellezza risplende e acquisisce significato quando siamo parte di una rete di relazioni.
Nessun commento:
Posta un commento