Si respira tanta aggressività nelle relazioni. Il distanziamento ha fortificato le nostre barriere e potenziato i nostri sistemi difensivi. Si guarda all'altro come ad un estraneo, senza sforzarsi di ascoltarlo o comprenderlo. La tendenza ad essere centrati solo sui propri bisogni ha annullato empatia e compassione, facendoci dimenticare che la libertà individuale finisce dove inizia quella dell'altra persona.
Un IO di proporzioni giganti ha preso il posto del noi. Le parole aleggiano come spade affilate a infilzar nemici e a emettere giudizi: hanno perso il loro valore comunicativo. Capita spesso di sentire monologhi al posto di dialoghi. Si è perso il coraggio di ascoltare: aprirsi all'altro fa paura, perché aprirsi a se stessi è ancora più terrificante. E per non correre il rischio di scoprire le nostre fragilità e doverci fare i conti, abbiamo annebbiato anche la vista. L'altro è diventato uno specchio opaco: l'abbiamo spersonalizzato e trasformato nella discarica dei nostri problemi.
Non mi è dato conoscere l'evoluzione della trasformazione che sto osservando, ma ho fiducia nell'uomo e nella sua capacità di rinascita.
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