Le ascolti, le leggi, le assapori.
Sono le parole.
Alcune addolciscono il sentire,
altre feriscono il cuore.
Alcune sono spunto di riflessione,
altre sono focolaio di rabbia.
Alcune aleggiano leggere,
altre sono più pesanti del piombo.
Le vedi spargersi nell'etere
con costanza e continuità
attraverso i giochi dei bambini,
le prese in giro degli adolescenti e i loro primi amori,
i progetti dei giovani, le discussioni degli adulti,
i ricordi degli anziani.
Sono le parole.
Informano, limitano, amano, catalogano, aiutano, giudicano.
Ce ne sono di tutti i tipi e di tutti i colori.
A volte però sono troppe,
tante da togliere il respiro.
Il silenzio si perde nella ridondanza delle parole
insieme alla nostra capacità di ascoltare,
di leggere tra le righe,
di accoglierle.
E diveniamo indifferenti
di fronte alla loro eccedenza
per difenderci, per schermarci, per proteggerci.
Insensibili al potere delle parole
ci chiudiamo in noi stessi
pronti a dissotterrare l'ascia di guerra
appena ci sentiamo minacciati da esse.
E capita spesso,
perché ci siamo abituati a scandagliare ogni parola
con la lente della nostra soggettività.
Così pesiamo le parole, le analizziamo, le scrutiamo,
le ribaltiamo per scovare al loro interno
la minaccia che sentiamo continuamente aleggiarci intorno
e ne diffondiamo altre, altrettanto pericolose.
Sono le parole.
Uno strumento prezioso,
che l'insensibilità dell'uomo
ha reso mortifero.
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