Sono uscita di casa e ho incontrato rabbia.
L'ho vista avvicinarsi da lontano, con quel suo fare infuocato
e ho avuto paura che quel fuoco incendiasse anche me.
Ho svoltato l'angolo e mi sono trovata davanti tristezza
e ho avuto paura che la sua nuvola di pensieri cupi avvolgesse la mia anima.
Sono entrata in un bar e mi sono trovata davanti odio
e ho avuto paura che la sua lama tagliente portasse anche me ad impugnare la spada.
Ho scelto di recarmi ai giardini,
ma li ho trovati spogli di gioia e di amicizia;
anche i bambini facevano giochi di guerra e di esclusione.
Ho avuto paura di dimenticare la spontaneità.
Rientrando ho incontrato dolore, passeggiava a braccetto con invidia.
Ho avuto paura che il virus della loro disperazione mi contagiasse.
Quando ho richiuso la porta di casa
mi sono sentita al sicuro
e ho compreso che chiudersi in se stessi era naturalmente più semplice
di fronte all'intensità di quelle emozioni.
Solo uno stato di presenza consapevole mi avrebbe permesso
di camminare in equilibrio nel mondo
senza farmi travolgere dalla sua confusione.
Così ho pensato di mettere salde e forti radici
prima di avventurarmi al suo interno.
Quando sono uscita nuovamente non è stato facile
e la tentazione di tornare a casa è stata grande.
Ho cercato amore e rispetto per le vie della città senza trovarli,
poi ho guardato nel mio cuore e vi ho trovato due piccoli semi.
Mi sono apparsi così fragili e indifesi
che ho avuto paura di perderli viaggiando.
Così sono rimasta in stazione per un po'
indecisa se prendere il treno della vita:
sapevo bene che avrei incontrato odio, rabbia, dolore, invidia, tristezza, disperazione.
Fu a quel punto che scorsi il piccolo seme che era rimasto nascosto dagli altri due.
Un piccolo seme scintillante:
il seme della fiducia.
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