Ogni tanto devo dedicare due righe al mondo dei social.
Necessità dettata da sfinimento "social". Da una parte sono grata ai social per avermi offerto la possibilità di farmi conoscere come scrittrice, dall'altra provo, a intervalli regolari, una vera crisi di rigetto. Rifiuto che sento scaturire ogni volta che non viene rispettata la mia libertà di scelta.
La visibilità ha portato con sè, come ogni cosa a questo mondo, vantaggi e svantaggi e nasce il bisogno di bilanciare gli estremi.
Ricevo tantissime richieste di amicizia su facebook, ad esempio: quando le accetto per interessi condivisi, ecco arrivare, il più delle volte, la richiesta di apporre il "mi piace" alla pagina o l'iscrizione a gruppi. Della serie: "Io ti offro l'amicizia e tu ricambi."
Nel mio universo non funziona così. Innanzi tutto, se accolgo l'amicizia ho già visto cosa pubblichi e cosa fai, ragion per cui se qualcosa mi interessa il tanto sospirato "mi piace" lo metto spontaneamente e sono in grado di aderire ai gruppi che scelgo di mia volontà. Ogni forzatura in questo senso la vivo come una mancanza di rispetto e mi porta a eliminare l'amicizia. Azione che ho scelto di manifestare per un periodo di tempo, per poi rendermi conto che si trattava di un buco nero a cui difficilmente sarei riuscita a sfuggire se non rinunciando a nuove amicizie.
Non si può fare di tutta l'erba un fascio e devo ammettere che alcune amicizie sono state un dono prezioso, per cui una scelta di questo genere ha, comunque, un prezzo da pagare.
Resta una consapevolezza: mi piace scrivere e condividere. Chi ha piacere mi legga e chi non è interessato alle mie riflessioni non le legga. Io scrivo lo stesso senza imporre ad alcuno la mia scelta.
Piccolo appunto per chi mi chiede l'amicizia: questo è il mio mondo e se vuoi farne parte accantona il "do ut des" e porta semplicemente te stesso con i tuoi commenti, le tue idee e i tuoi pensieri.
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