L'IMPERFEZIONE
Quando
la regina di cuori arrivò al castello si fermò dinnanzi all’alto e solido
portone in legno: impugnò le lunghe chiavi in ferro e ne infilò la prima nella
serratura in basso per poi procedere con la seconda e la terza chiave nelle altre
serrature. Alla donna piaceva quel prezioso rituale che precedeva la visita e
donava ad essa un che di magico.
Quando
il portone si aprì l’ampia scalinata in pietra svelò l’accesso al piano
superiore. Lentamente la donna salì i gradini di pietra, usurati dal tempo, osservando
gli affreschi degli avi alle pareti. La penombra rendeva quei dipinti
inquietanti: la polvere e le ragnatele trasformavano i volti e i corpi degli
antenati in statue immobili e lontane. La regina faticava a scorgere in essi la
sua storia, la sua appartenenza: ricordava ancora le sue corse di bambina lungo
la scala di pietra che tanto l’aveva intimorita per la presenza di tutti quei
fantasmi che sembravano inseguirla e non darle tregua.
La
regina si fermò domandandosi cosa era cambiato da allora. I suoi passi si erano
fatti più sicuri e la paura aveva ceduto il posto alla tristezza: il suo
sguardo si era fatto adulto e acuto, capace di cogliere le ombre nascoste restituendo
loro umanità. Quando la regina ripensava alla storia della sua famiglia, ai
tanti dolori inflitti e subiti, non poteva fare a meno di ritrovare in essa la
storia di tanti uomini in cammino, con le cadute, le discese e le faticose
salite.
L’imperfezione
in tutte le sue sfumature sembrava avvolgere la sua storia per renderla unica e
preziosa sorgente di esperienze di crescita. I gradini arrotondati della
vecchia scala in pietra ne segnavano i passaggi più volte percorsi.
La
regina di cuori, giunta in cima alla scala, osservò la serie interminabile di
gradini, respirò profondamente e fu grata alla vita; poi, girandosi lentamente
in direzione dell’ampio salone illuminato, iniziò a muovere con calma i suoi
primi passi verso la libertà.
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