Più volte nella vita può capitare di provare dolore quando, chi vive con noi la stessa situazione, al contrario, prova piacere. Se permettiamo alla mente di verbalizzare il sentire, creiamo una barriera che ci impedisce di entrare in contatto con la realtà oggettiva e ci vincola in qualche modo a fissare nella memoria non solo il nostro dolore, ma l'altrui piacere ad esso congiunto. Se questo accade, nell'ambito mentale, inevitabilmente, si origina un blocco che ci porta a restare incagliati nella parte che abbiamo recitato.
E' molto faticoso, dinanzi allo stesso evento, accogliere il proprio dolore di fronte alla gioia dell'altro o il contrario, in particolar modo quando vi è reciproco affetto: la mente non può contemplarlo. E come agisce la mente di rimando, non potendo esprimere alcun tipo di emozione? Va in loop e genera il senso di colpa. Senso di colpa che interverrà a mantenere strenuamente la posizione occupata nel momento in cui si è verificato l'evento. Proviamo a pensare alle implicazioni di una tale reazione. Se non riesco a disidentificarmi dalla mia situazione di dolore congiunta al piacere altrui, potrò vivere tutta la vita pensando di non meritarmi il piacere e mi sentiro' costretto a soffrire e a sacrificarmi per far felici coloro a cui voglio bene. Al contrario se non riesco a disidentificarmi dalla mia situazione di piacere vissuto in concomitanza al dolore altrui, potrò vivere tutta la vita pensando di non meritarmelo e potrei anche rinunciare al piacere con la convinzione che in tal modo eviterei la sofferenza dell'altro. In questi casi, sia il piacere che il dolore non sono mai vissuti con pienezza, ma solamente a livello mentale. Cosa significa concretamente questa affermazione? Che il mio corpo non parteciperà al sentire e sarà teso, rigido e contratto, cioè in blocco. Il mio dolore non si manifesterà con le lacrime, ma con il congelamento, così come il piacere non apporterà un'ondata di energia e leggerezza, ma mi zavorrerà a terra.
So bene che quando mi arrivano queste intuizioni, parto per la tangente ed è difficile comprendermi, ma qualche esempio pratico sarà di grande aiuto.
Una violenza sessuale su minore, la fine non condivisa di una relazione d'amore, una separazione dei genitori per i figli ... ogni evento che in qualche modo ci porrà di fronte al dolore e al piacere contemporaneamente.
Molto semplicemente pensiamo all'alimentazione, che rappresenta per il corpo una fonte di piacere: quando assaporiamo un cibo di origine animale e riflettiamo sul dolore vissuto dall'animale per permetterci di gustarlo, difficilmente saremo in grado di mangiarlo nuovamente. Il dolore dell'animale e il nostro piacere non potranno convivere senza creare una situazione di blocco mentale che si manifesterà con una scelta alimentare mirata ad evitare certi cibi.
Per questo è veramente importante imparare a non verbalizzare e lasciar che le cose siano presenti, al di là del linguaggio.
Il dolore e il piacere sono intimamente collegati e nel nostro vissuto si alterneranno spesso se permetteremo al movimento della vita di dispiegarsi.
Abbandoniamo la presunzione di essere onnipotenti, pensando di poter con le nostre scelte alleviare il dolore o favorire il piacere altrui. Il riuscire a trasformare il proprio dolore senza rimanervi incagliati o l'agire in direzione del piacere con semplicità e naturalezza richiede già il lavoro di una vita intera.
Recuperiamo con umiltà la responsabilità del nostro corpo, del nostro pensiero, delle nostre azioni e del nostro sentire. Ascoltiamoci, osserviamoci, amiamoci ed impariamo ad accogliere dolore e piacere indistintamente per vivere con pienezza noi stessi.
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