Come mai è così difficile mantenere l'attenzione focalizzata su noi stessi o su qualcosa in particolare?
Stamattina ci meditavo ed ecco comparire una visione, a mio avviso, molto significativa.
Immaginiamo di direzionare la nostra attenzione e di visualizzare l'oggetto della stessa (che si tratti di noi stessi, di una situazione, di un'altra persona ...) a 1 km da noi: la distanza che ci separa dal nostro punto d'arrivo è occupata da un grande labirinto, la nostra mente. E' possibile realizzare l'intento, ma è semplice perdersi durante il tragitto nei vicoli ciechi delle contraddizioni mentali e nei mille passaggi che rappresentano i nostri pensieri, le nostre aspettative, le nostre illusioni e giustificazioni. Rimanere centrati è un'impresa: più ci si perde e più l'attenzione vacilla e diminuisce in balia dei pensieri. Ma come mai questo accade? La risposta che mi sono data è in relazione al potere che noi inconsapevolmente abbiamo attribuito alla nostra mente. Le abbiamo, infatti, permesso di entrare nella nostra vita con dirompenza per un'esigenza di controllo. Quel controllo che ci fa sentire al sicuro, ma che, ahimè, è pura illusione. Abbiamo fatto del calcolo e della razionalità un modus vivendi, chiudendoci volontariamente nel labirinto mentale, senza quel salvifico filo d'Arianna che parte dal cuore e ad esso ci riconduce.
Se viviamo nella necessità di controllare tutto, ogni bivio del labirinto esige mille pensieri a soppesare i pro e i contro inerenti alla scelta della via da intraprendere. E questa scelta, essendo direzionata dalle nostre paure, debolezze, aspettative e quant'altro, genera spesso grande confusione in noi e perdersi è un attimo. La mente è, infatti, caratterizzata da contraddizioni e dalle giustificazioni tese a supportarle.
Il cuore è diretto, sa cosa ci fa star bene e cosa no, ma non tiene conto dei nostri interessi materiali, dell'immagine che vogliamo passare, del ruolo che desideriamo rivestire ... e così spesso si sceglie di dimenticarlo, allontanandosi sempre più da esso.
Come fare a ritrovarlo? Recuperando al proprio interno il coraggio di ascoltarsi ;-)
Escher
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