Si può leggere questa espressione quasi ovunque quando si parla di spiritualità. E si evidenzia, in particolar modo, quanto sia importante respirare e restare focalizzati su quello che si sta facendo.
La difficoltà risiede proprio nel manifestare questo atteggiamento.
Portare la spiritualità nella quotidianità non è semplice per svariati motivi. Il primo è sicuramente dettato dall'abitudine e dagli automatismi che ci caratterizzano; il secondo dai ritmi frenetici della nostra vita, che lasciano poco spazio alla consapevolezza. Il terzo e non meno importante è generato dal rapportarsi con gli altri e con le situazioni, restando sempre e comunque in una condizione di apertura di cuore. Queste parole possono sembrare astratte, ma non lo sono affatto. La nostra mente è abilissima nel convincerci di essere nel cuore con infinite giustificazioni, ma il nostro corpo può rivelarci l'esatto contrario e a farci da specchio è spesso l'altro. L'empatia scaturita dal cuore è tangibile e crea un'energia di condivisione e comprensione anche nelle situazioni più dolorose. E' come un caldo abbraccio in grado di abbattere le barriere di chiusura che il dolore erge naturalmente.
Il distacco della presenza nasce da un profondo lavoro personale che permette di non risuonare con le paure e le debolezze di chi ci circonda pur rimanendo in apertura di cuore. La centratura è frutto di un autoanalisi continua tesa a rimettere in discussione il proprio sentire sulla base dei disagi del corpo fisico. Il benessere è infatti il dono derivato dalla capacità di essere se stessi con serenità, permettendo cioè alla propria essenza di manifestarsi spontanemente. Questo avviene quando i blocchi delle paure e della non accettazione delle proprie debolezze e del dolore sono stati elaborati e trascesi. Ci vogliono vite intere per venirne a capo e non si smette mai di imparare. Il percorso è come una spirale: spesso sento ripetere, in relazione a determinate dinamiche: "Ci ho già lavorato, le ho lasciate andare e superate", ma per esperienza personale, so che con la maturazione ci si trova inevitabilmente ad affrontarle nuovamente ad un livello più profondo. Il viaggio è una continua crescita e la vita ci porta continuamente a rivederci sulla base degli eventi che ci troviamo ad affrontare. Vivere nel presente significa proprio essere aperti alla continua trasformazione del nostro corpo, ai suoi ininterrotti segnali, per comprenderci sempre più a fondo e ampliare lo spazio di cuore in cui essere consapevoli. Consapevoli anche di lavare i piatti, se è quello che stiamo facendo, senza vagare con la mente nel flusso ininterrotto dei pensieri.
Leggo sempre con estrema serenità questi spunti di riflessione:grazie :-)))
RispondiEliminaApprezzo moltissimo la tua lettura e le tue riflessioni Furio!
EliminaDifficilmente si riesce a lavare bene i piatti, per non citare le pentole se si pensa ad altro. Questo accade in tutte le azioni che vogliono manualità. Ovviamente esistono le eccezioni. Altra cosa quando ci si impegna in lavori di concetto nei quali la capacità di concentrazione gioca un ruolo importante. per quanto io penso, credo che sia un fattore di DNA che viene avvalorato da numerosi esempi storici. Vero è che l'esercizio costante può portare anche a risultati eclatanti ma di norma è assai difficile. Nei numerosi casi che questo diventi realtà, penso che i soggetti abbiano in essere questa capacità, ossia: è un po come se riescano a sfaldare la crosta di un geode per liberare i cristalli che sono sotto ad essa. Hasta luego :)))--felice notte
RispondiEliminaBuongiorno Brezza, che bello leggerti! Condivido la tua riflessione, magnifica l'immagine del geode! Credo che a differenziarci gli uni dagli altri siano proprio gli strati di roccia accumulati. Con l'esercizio si assottigliano, ma non sempre si arriva a portare alla luce il cristallo interiore.
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