Estratto da "Paura di vivere" di Alexander Lowen:
"La paura della morte è una delle valli che dobbiamo attraversare nel viaggio a ritroso nella nostra infanzia e prima fanciullezza. Dobbiamo affrontare la paura della morte che è in noi e ammettere che deriva da un desiderio di morire. Il desiderio, a sua volta, deriva dalla lotta che abbiamo ingaggiato per provare che siamo degni di amore, per superare la nostra vulnerabilità e negare la nostra paura. Ma questi sono obiettivi che non possono mai essere realizzati e, in realtà, non c'è un bisogno reale di realizzarli. Possiamo permetterci di abbandonare la lotta. ....
Abbandonare la lotta elimina il desiderio di morire e toglie la paura della morte. Apre la porta a una vita e a un essere che sono veramente pieni."
Leggendo queste parole di Lowen, collego immediatamente un altro termine: accettazione. Abbandonare la lotta è accettarsi per come si è. Non è un processo semplice quando non ci siamo sentiti accolti e amati dalle persone che ci hanno messo al mondo. E' importante a tal proposito tornare a guardare all'infanzia con la prospettiva dell'adulto e non più attraverso gli occhi sofferenti di un bambino o di una bambina. Quando si è piccoli si vedono i genitori come modelli infallibili e ci si sente invariabilmente responsabili degli eventi e allo stesso tempo impotenti di fronte ad essi. Si matura la percezione di essere sbagliati, non degni d'amore e si sprofonda nel dolore della solitudine e dell'incomprensione. Si lotta per trovare all'esterno quell'accettazione mancata e per tutta la vita si segue l'illusione di poter cambiare il passato trovando qualcuno in grado di colmare quel vuoto. Anni di dolore e di frustrazione ci portano invariabilmente a mettere in discussione la lotta ed abbandonarla per abbracciare se stessi, il bambino o la bambina che siamo stati, con amore e compassione . Nella nostra unicità completiamo l'armonia del tutto e se non ci fossimo stati ci avrebbero inventato esattamente così. Così come siamo.
Il problema è anche un altro: non si sa quel che c'è di là.
RispondiEliminaLa mia esperienza mi ha portato spesso a varcare il limite di questa realtà e, sebbene sia consapevole che essendo personale non può essere condivisa, non posso che raccontare quanto sia meraviglioso appartenere ad una dimensione dove spazio e tempo non esistono e la libertà dell'essere è gioia, pace e serenità.
EliminaConcordo. Conosco chi ha fatto viaggi astrali. Attenzione però al Kama-Loka! Generalizzando per le conoscenze comuni il rapporto è "Aiuto! Aiuto! Adesso dove vado?". Esistono un Devachan e un Kama-Loka. Se si va nel Devachan, si è tra gli spiriti felici; se s'incappa nel Kama-Loka vuol dire che si è vissuta una vita fuori della legge dell'Entità Superiore: l'Altruismo.
EliminaGiuseppe, l'astrale per me è stato solo un passaggio a dimensioni più sottili. Se hai voglia di leggerti il libro che ho scritto, racconto la mia esperienza. ;-)
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