Milarepa disse:
"Sono fuggito sulle montagne a praticare in solitudine perché avevo paura della morte.
Attraverso la pratica ho realizzato la natura che è al di là di nascita e morte.
Ora ho conquistato la roccaforte che è al di là della paura."
Queste parole hanno specchiato profondamente la mia esperienza. Quando si inizia a lavorare su se stessi occorre avere l'umiltà di rimettersi in discussione e il coraggio di accettare la propria trasformazione. Questo cambiamento è legato al lasciar andare qualcosa di noi per poter rinascere e per cultura tendiamo ad associarlo alla morte. La morte di una parte, a cui dobbiamo essere disposti a rinunciare. Proprio in questo passaggio emerge con dirompenza la visione distorta del concetto di morte (e in questo periodo storico, in cui il materialismo sembra farla da padrone, la rinuncia a qualcosa è resa ancora più dolorosa) che induce un ulteriore attaccamento, invece di un abbandono. E si instaura una vera e propria lotta tra l'intento evolutivo dettato dal cuore e il controllo materiale della mente. Quando con volontà, pazienza e pratica il cambiamento può verificarsi, ci si accorge che si è sopravvissuti e si è al contempo raggiunta una situazione di maggiore benessere. Il lavoro scava ancora più in profondità e il processo di trasformazione si ripropone. E ci si ritrova immersi nella stessa dinamica: il blocco che ci trattiene dall'accettazione del cambiamento è la paura. Altro passaggio bello tosto del percorso. L'esperienza ci ha insegnato che il cambiamento è utile e necessario, soprattutto quando viviamo una situazione di disagio, ma la paura di lasciar andare quello che si conosce (anche se ci fa star male) ci blocca o ci induce a fuggire dal problema.
Dedico un intero capitolo del libro "IL CORAGGIO DI ASCOLTARSI" a "Paure e debolezze".
La conquista della roccaforte al di là della paura è LIBERTA'.
Hai presente il millefoglie? E' un dolce buonissimo, se tu gli rompi il primo strato e poi il secondo e così via, non rimane altro che ...una sbriciolata. Ancora buona, forse, ma senza la sua primitiva identità diventa pezzettini e polvere. Bisogna avere coraggio per portare in tavola un piatto di briciole!
RispondiEliminaAssolutamente concorde. Sarà un dolce assolutamente speciale dal sapore unico ed intenso. L'idea di come deve essere un dolce è strettamente legato ai nostri schemi mentali e sono questi stessi schemi a "giudicare" qualcosa dal suo aspetto (conforme o non conforme alla moda del momento, alla cultura, all'educazione ...). Il cuore assapora, apprezza, riconosce ... mentre la mente, con le sue infinite elucubrazioni, si perde l'essenza per rincorrere l'immagine! W la super sbriciolata, perché solo dalle macerie si può ricostruire nuovamente grazie alle solide fondamenta generate dall'esperienza!
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