Mi trovo a Creta e ho scelto di dedicare la mia settimana alla lettura del Libro Rosso di Jung.
Inutile dire che sin dalle prime parole mi è sembrato di tornare a casa.
Pensieri, riflessioni, dubbi ... ogni riga mi riporta prepotentemente ad un vissuto che conosco fin troppo bene.
Pensieri, riflessioni, dubbi ... ogni riga mi riporta prepotentemente ad un vissuto che conosco fin troppo bene.
Quanti ricordi, quante esperienze e quante perplessità all'inizio del solitario percorso verso la consapevolezza!
Ne riporto un estratto che mi è piaciuto moltissimo:
"Lo spirito di questo tempo in me voleva forse riconoscere la grandezza e l'ampiezza del senso superiore, ma non la sua piccolezza. Lo spirito del profondo vinse però questa superbia e io dovetti trangugiare quel che è piccolo come farmaco d'immortalità. Mi bruciò le viscere, perché era senza gloria, privo di eroismi. Era persino ridicolo e ripugnante. Ma le tenaglie dello spirito del profondo mi tennero stretto e dovetti bere la più amara delle pozioni.
.....
Facevo resistenza ad accettare che gli aspetti della vita quotidiana rientrassero nell'immagine della divinità."
Il percorso dell'accettazione dei propri limiti e delle proprie debolezze é l'amaro calice che riporta l'uomo a riconoscere con grande umiltà la divinità nella sua stessa finitezza umana.
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