Perché è sempre così faticoso lasciar andare gli attaccamenti?
Fondamentalmente siamo degli abitudinari e amiamo poter contare su chi o cosa ci dona sicurezza. Sempre a causa della difficoltà a spostare il nostro centro di gravità permanente (Battiato docet) dentro noi stessi. Poi siamo anche un po' fifoni e ciò che non si conosce, sebbene di primo acchito possa incuriosirci, alla distanza ci spaventa. Spesso tendiamo, inoltre, a fagocitare così tanto persone e situazioni da dimenticare che non sono parte di noi: inevitabilmente, nel momento del distacco, vivremo la percezione di perdere una parte del nostro essere con la convinzione che senza di essa la sopravvivenza sarà durissima (il mentale in questo caso è una bomba: riesce a farci rimuovere tutti i lati dolorosi come d'incanto, per focalizzare la nostra attenzione solo sui momenti fantastici e indimenticabili ... anche se si possono contare sulla punta delle dita di una mano).
Così ci trasformiamo in veri molluschi (cozze per gli amici ;-)) incapaci di lasciar andare i nostri punti di riferimento esterni senza perdere centratura. E come cozze al momento del distacco ci immaginiamo vittime senza speranza.
Accettazione ci cova ... anche in questo caso: a 360°. Accettazione del cambiamento (inevitabile) e dell'illusione che sia possibile tenere tutto sotto controllo. Accettazione di noi stessi, determinante a raggiungere l'equilibrio necessario a vivere il movimento della vita con serenità. Accettazione dell'altro, della sua libertà e unicità. Accettazione della morte, indissolubilmente legata all'accettazione della vita.
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