Immagino sia capitato a me, come a molti altri, in determinati momenti della propria vita, di provare la sensazione di essere inutili.
Ho provato ad analizzare le ragioni per cui, in certe occasioni, affiora con tristezza questa sensazione.
Quasi sempre a scatenarla sono il confronto e l'incapacità a raggiungere modelli socialmente accettati e ritenuti vincenti. La nostra società ci ha portato a vedere nel successo, nel potere materiale, nella produttività e nell'immagine i punti di arrivo della nostra realizzazione.
La normalità è vista, di conseguenza, come inadeguatezza a conformarsi a ciò che conta.
Ovviamente questa attitudine mentale fa leva sulle nostre debolezze - la ricerca di accettazione e valorizzazione da parte degli altri, la nostra insicurezza o al contrario il nostro orgoglio (io sono migliore degli altri) ... - e ci rende schiavi di valori che, magari, personalmente valutiamo meno di zero. Basiamo la nostra vita su una serie infinita di aspettative (nostre e di chi ci sta accanto), perdendo di vista quello che è veramente importante per noi, vivendo una continua sensazione di disagio e inadeguatezza (ci sarà sempre qualcosa di irraggiungibile che attrarrà la nostra attenzione o qualcuno a cui non andremo a genio!).
Allora perchè non osservare la normalità da una prospettiva nuova?
Se normalità significa prenderci cura di noi stessi e di coloro a cui vogliamo bene senza delegarlo ad altri, accudire un animale invece di volare alle Seychelles, andare in giro in bicicletta invece che in ferrari, coltivare la terra invece di farsi fotografare alle sfilate di moda, ... cosa c'è di male? Quanto cuore e quanta ricchezza c'è in tutto questo?
Se lasciamo andare le aspettative, non ci sentiamo molto più liberi? Se agiamo coerentemente al nostro sentire non stiamo meglio? Da cosa dipendono veramente il nostro benessere psicofisico e la nostra realizzazione?
Perchè permettere ad altri di fissare i parametri della nostra vita?
Viva la semplicità della normalità e la sua inutilità!
Donatella
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