Non conosco me stesso
Chi sono io? Ho bisogno di saperlo. Se non lo so, che significato ha la mia vita? E cosa, in me, reagisce alla vita? Allora devo provare a rispondere, a capire chi sono. Prima, il mio pensiero fa un passo indietro e mi dà dei suggerimenti su di me: sono un uomo o una donna che può fare questo, che ha fatto quello, che possiede questo e quello. Il mio pensiero offre spontaneamente risposte possibili in base a tutto ciò che conosce. Ma non sa chi sono io, non conosce veramente me in questo momento. Mi rivolgo allora al sentimento: è tra i centri più capaci di conoscere. E' in grado di rispondere? Il mio sentimento non è libero, deve obbedire all'io che vuole essere il più grande, il più potente e che soffre sempre per il fatto di non essere il primo. Perciò non si arrischia: ha paura, oppure dubita. Come può sapere? Poi, naturalmente, c'è il mio corpo, la capacità di sentire il corpo. Ma io sono il mio corpo?
In realtà, io non conosco me stesso. Non so cosa sono. Non conosco né le mie possibilità né i miei limiti. Esisto, ma non so in che modo esisto. Ritengo che le mie azioni affermino la mia stessa esistenza, tuttavia reagisco sempre alla vita solo con una parte di me. Reagisco o emotivamente, o intellettualmente o fisicamente. E non sono mai realmente "io" a rispondere. Credo anche di starmi muovendo nella direzione in cui voglio andare e credo di poter "fare", ma in realtà sono condotto, mosso da forze di cui non so nulla. Tutto in me prende posto, tutto accade. Le corde vengono premute senza che io ne sappia niente. Non vedo che sono una marionetta, come una macchina messa in moto da influenze esterne.
Al tempo stesso, sento passare la mia vita come se fosse la vita di qualcun altro. Mi vedo confusamente mentre mi agito, spero, rimpiango, ho paura, mi annoio … tutto senza sentire che sto prendendovi davvero parte. La maggior parte del tempo agisco senza saperlo e mi rendo conto solo dopo che ho detto questo o fatto quell'altro. E' come se la mia vita si svolgesse senza la mia partecipazione consapevole. Si svolge mentre dormo. Di tanto in tanto ci sono scossoni o shock che mi risvegliano per un istante. Nel mezzo di uno scoppio d'ira, o di un grande dolore, o di un pericolo, improvvisamente apro gli occhi:"Cosa? Sono io, ora, che sto vivendo questa situazione?". Ma dopo lo shock torno al mio sonno, e può passare molto tempo prima che un altro shock mi risvegli.
Mentre la vita scorre, posso cominciare a sospettare di non essere quello che credo. Sono un essere addormentato, un essere che non ha alcuna coscienza di sé. In questo sonno confondo l'intelletto (il pensiero che funziona indipendentemente dal sentimento) con l'intelligenza, che comprende la capacità di sentire ciò che si sta pensando. Le mie funzioni (pensieri, sentimenti e movimenti) lavorano senza direzione, preda di shock casuali e abitudini. E' lo stato dell'essere più basso, per un uomo. Vivo nel mio mondo ristretto e limitato, dominato da associazioni che provengono da tutte le mie impressioni soggettive. E' una prigione a cui faccio sempre ritorno: la mia prigione.
La ricerca di me comincia col chiedermi dove sono "io". Devo sentire l'assenza, l'abituale assenza dell'io. Devo conoscere il sentimento di vuoto e vedere la menzogna insita nell'affermare sempre un'immagine di me, il falso "io". Diciamo continuamente "io", ma non ci crediamo veramente. In realtà, non abbiamo altro in cui credere. E' il desiderio di "essere" che mi spinge a dire "io": è dietro a tutte le mie manifestazioni. Ma non si tratta di un impulso cosciente. In genere osservo gli atteggiamenti degli altri per convincermi del mio essere: se mi respingono o mi ignorano, allora dubito di me stesso; se mi accettano credo in me.
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Un libro che ho amato moltissimo e che ha accompagnato molti passaggi del mio percorso di consapevolezza. Non è un testo semplicissimo per chi non è abituato ad un lavoro consapevole, ma assolutamente illuminante per chi è in cammino.
Sono stati scritti molti testi sul lavoro di Gurdjieff: personalmente ritengo quest'opera tra le migliori. Forse, a renderla speciale è proprio la prospettiva femminile.
Jeanne de Salzmann ha vissuto al fianco di Gurdjieff, lavorando con lui fino alla sua morte.
Ha ricoperto un ruolo primario nella trasmissione dei suoi insegnamenti e nella pratica degli esercizi di danza chiamati "Movimenti".
Jeanne de Salzmann che meravigliosa lettura ed esperienza!
RispondiEliminaIo non so cosa sono ... non so in che modo esisto, reagisco ma non agisco, reagisco col mio corpo, con la mia intelligenza, con le mie emozioni, ma sono io?
I miei pensieri, emozioni, movimenti sono in preda alle abitudini: la mia prigione, gli automatismi.
"E' il mio ego che mi impedisce di aprirmi alla coscienza, di vedere cosa è e cosa sono".
"Devo accettare il vuoto, accettare di essere nulla, accettare quello che è. In questo stato compare la possibilità di una nuova percezione di me."
emilio
un paio di capoversi sono interessanti, il rimanente mi sa tanto di delirio. Forse occorre anche quello ma di base, se non esistesse il tornitore, il boscaiolo, il contadino ecc. probabilmente si renderebbe ragione al fatto che questi pensieri pur belli e interessanti sono inefficienti alla sua esistenza......parola di "brezza" :))---Felice Settimana....per quanto possibile :)
RispondiEliminaLe parole della Salzmann rispecchiano fedelmente la mia stessa esperienza nel lavoro verso la consapevolezza e per questo ho scelto di condividerle, nonostante sapessi a priori che chi non ci è passato attraverso potrebbe trovarle deliranti. Da buona contadina ammetto che la natura non ha fatto altro che confermarmi la validità del lavoro e offrirmi una visione ancora più completa attraverso la sua osservazione. Serena settimana Brezza ;-)
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